VII Domenica di Pentecoste

Letture

LETTURA Gs 24, 1-2a. 15b-27
Lettura del libro di Giosuè

In quei giorni. Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». Giosuè disse al popolo: «Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà». Il popolo rispose a Giosuè: «No! Noi serviremo il Signore». Giosuè disse allora al popolo: «Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo!». Risposero: «Siamo testimoni!». «Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d’Israele!». Il popolo rispose a Giosuè: «Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!». Giosuè in quel giorno concluse un’alleanza per il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. Scrisse queste parole nel libro della legge di Dio. Prese una grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia che era nel santuario del Signore. Infine, Giosuè disse a tutto il popolo: «Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio».

SALMO Sal 104 (105)

Serviremo per sempre il Signore, nostro Dio.

Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto. R

È lui il Signore, nostro Dio:
su tutta la terra i suoi giudizi.
Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco. R

Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
Ha dato loro le terre delle nazioni
e hanno ereditato il frutto della fatica dei popoli,
perché osservassero i suoi decreti
e custodissero le sue leggi. R

EPISTOLA 1Ts 1, 2-10
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi

Fratelli, rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene.

VANGELO Gv 6, 59-69
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio».

Il Vangelo si oggi parla di un crisi tra i discepoli e Gesù. Non si tratta della crisi finale dovuta alla sua morte, quando tutti ritornano delusi alle loro cose. Nemmeno si tratta del rinnegamento di Pietro, dettato forse dalla paura. Si tratta invece di una crisi di metà cammino nonché di un punto di svolta che avviene nel cuore del vangelo, mettendo fine a una larga popolarità di Gesù. Tutti i Vangeli parlano di questo momento, diremmo noi, di una “seconda chiamata”. I vangeli sinottici ambientano questa crisi a Cesarea di Filippo, mentre Giovanni l’ambienta nella più famigliare Cafarnao. Nel Vangelo di Giovanni, la domanda provocatoria di oggi fa eco a una prima domanda, avvenuta in occasione della vocazione: “Cosa cercate?”. Così chiedeva il Maestro ai primi discepoli che lo stavano seguendo per la prima volta.
Credo che ciascuno di noi, se è davvero un discepolo del Signore, farà lo stesso percorso che hanno fatto questi uomini duemila anni fa e, prima o poi, dovrà attraversare anche lui una seconda chiamata, una nuova scelta, una vera crisi.

Due aspetti mi colpiscono delle frasi di Gesù davanti a questo evento. Il primo è la sua risposta allo scetticismo di chi non capisce e vuole andare via. Gesù dice: “è lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla. Le mie parole sono spirito e vita”. Credo che queste frasi significhino che la radice profonda di ogni crisi e di ogni dubbio o scetticismo non proviene da qualcosa di “carnale” o “materiale”, direi anche delle “circostanze esterne” che dobbiamo subire, ma ha a che fare sempre con uno spirito. In altre parole, ogni crisi vera è sempre ed anzitutto una crisi spirituale. Conosco persone che hanno tutto o hanno tutto ciò che vogliono, ma sono spente dentro, sono spiritualmente vuote o morte. Viceversa, ci sono persone senza nulla –leggevo questa settimana su El Pais la storia di uno spazzino morto per il caldo a Madrid — persone senza nulla ma con una grande energia spirituale, con un grande amore per la vita.
E’ come se Gesù dicesse: la vostra crisi non viene da questioni “razionali” ma “spirituali”.
Inoltre, Gesù aggiunge: ciò che è spirituale, è sempre in qualche misura un dono. Non è qualcosa che ti dai da solo o sotto il tuo controllo. Fa parte di quel mondo interiore di te che però non è in mano tua. E questo ha un significato importante: significa che mai ne potremo fare una questione di “colpa”. Non potremo mai incolpare qualcuno, perché non ha un dono, ma potremo sempre solo cercare di aiutarlo, cercare di arricchirlo con il nostro dono. Non dobbiamo colpevolizzarci delle nostre crisi spirituali.

La seconda questione che mi colpisce è la libertà con la quale Gesù tratta i dodici. “Volete andarvene anche voi?” chiede ai più intimi. Non credo sia una domanda che dice un ricatto, come quando noi diciamo “o dentro o fuori…”, al contrario credo sia una domanda che onora la libertà dei dodici, che li vuole solo nella loro libera adesione. Come se Gesù non potesse sopportare di essere subito da alcuno, come se la libera accoglienza fosse la cosa per lui prima e più importante di tutte.
E’ una libertà della quale credo che noi non saremmo capaci, verso le persone alle quali vogliamo bene. Difficilmente sapremmo dirlo ai nostri figli o amici o a chi vogliamo bene. Mi viene in mente quello che dice Gesù a Maria: “noli me tangere”, “non mi trattenere”. Gesù stesso pare essere libero di potersi anch’egli non intrattenere.

Ma questa libertà è davvero così preziosa. E’ ciò che in fondo distingue le ideologie o la religione naturale (quella basata sul senso di colpa) dal fatto cristiano. L’ideologia ha sempre paura della tua libertà, che tu trovi altrove qualcosa di meglio o più vero. Il cristiano non ha questa paura. Sa che può perdersi, ma la verità del Vangelo deve mostrare essa stessa il fascino del suo richiamo. Non deve venire da altro, non da condizionamenti morali, sociali o psicologici. Varrebbe altrimenti la lucida obiezione di Nietzsche che scriveva: “se la lieta novella della vostra bibbia vi fosse scritta in faccia, non avreste bisogno di imporre nulla nell’autorità di questo libro”.

Infine, la risposta di Pietro insegna che ogni risposta alla crisi può venire solo da una risposta alla domanda sull’identità di Gesù. La traduzione esatta della sua affermazione non è “da chi andremo, Signore?”, ma “andarcene da chi, Signore?”. Pietro non si interroga su dove andare altrove, ma su chi è Gesù Cristo per restare. “Da chi ci si può allontanare per davvero?” Ci si può allontanare da molte strutture o sovrastrutture cristiane o della Chiesa, ma non ci si allontanerà mai da chi si ama. Nessuno si allontanerà mai per davvero da chi ha avuto una parola di salvezza per la propria miseria.